Come impugnare un avviso bonario

L’avviso bonario non può essere impugnato; tuttavia, il contribuente non deve necessariamente restare inerme in attesadella cartella esattoriale.

Gli artt. 36-bis D.P.R. 600/1973 e 54-bis dell’IVA disciplinano i controlli automatizzati su tutte le dichiarazioni fiscali, che sono banali controlli su errori materiali, riporti di crediti e detrazioni, riscontro dei versamenti, ecc. L’Amministrazione dovrebbe eseguire i controlli entro un anno dalla presentazione, ma il termine è ordinatorio come previsto dall’art.28 L. 449/1997, per cui non si produce nessuna decadenza se l’Amministrazione non lo rispetta.

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L’esito del controllo è comunicato al contribuente, con posta ordinaria o comunicazione telematica, mediante un avviso cosiddetto “bonario”. La comunicazione è uno strumento di civiltà eccezionale nei casi semplici, perché consente di innescare un dialogo con l’ufficio che quasi sempre porta ad una risoluzione concordata, non indolore, ma che comporta minori sanzioni (2/3 ex art. 3 D.Lgs. 462/1997).

Quando, invece, la questione non è pacifica, l’avviso rischia di trasformarsi in un incubo per il contribuente perché l’Amministrazione, prima o poi, emetterà un titolo esecutivo.

Ma cosa bisogna fare quando l’Ufficio è sordo alle ragioni del contribuente? Le indicazioni che arrivano dall’Amministrazione Finanziaria (risoluzione 110/E/2010 e comunicato stampa del 23.05.2012) sono semplici: l’avviso bonario non è atto impugnabile; se non si è d’accordo occorre aspettare la cartella esattoriale ed eventualmente impugnarla.

La posizione assunta dall’Agenzia lascia insoddisfatti. Perché consentire la difesa al contribuente solo dopo averlo esposto agli effetti di un atto esecutivo? Atto che potrebbe essere differito di un numero imprecisato di anni, basti pensare alla rettifica delle perdite fiscali riportabili in avanti senza limiti.

Ma si può impugnare l’avviso? L’Amministrazione nega valorizzando Cass. SS.UU. 16293/2007 e 16428/2007. Qualche spiraglio è offerto da Cass. 7344/2012. In ogni caso, la giurisprudenza (Cass. n. 2616/2015), laddove ha consentito l’impugnazione dell’avviso bonario, ne ha prescritto la facoltà, e non l’obbligo. Fatto sta che nelle Commissioni Tributarie può succedere di tutto, compreso che il ricorso sia giudicato inammissibile per mancata impugnazione dell’avviso bonario.

Per tali ragioni, in presenza di un avviso bonario dubbio, si potrebbe presentare un’istanza di autotutela in modo tale da costringere l’Ufficio a dare una risposta, sia in forma esplicita sia mediante silenzio, che assumerebbe il significato di rifiuto.

Neanche il diniego di autotutela rientrerebbe nell’elenco degli atti impugnabili ex art. 19 D.Lgs. 546/1992; tuttavia, la giurisprudenza è più aperta nell’ammettere l’impugnazione, poiché, in mancanza, il contribuente potrebbe perdere il diritto alla difesa.

Così agendo si ottengono due effetti positivi: si anticipa la difesa e si evita il rischio di consolidamento della pretesa dell’Ufficio espressa con l’avviso bonario.

Ratiomattino 20/12/2017

 

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