La congruità e l’inerenza delle sponsorizzazioni

Rimane sempre validamente consentita la deducibilità delle somme erogate da un’impresa a titolo di sponsorizzazione, purché mantenute entro precise soglie quantitative: tale presunzione opera (o, almeno, “dovrebbe operare”) in maniera assoluta ed incontestabile.

Nell’attuale contesto socio-economico, le prestazioni ed erogazioni aventi carattere promozionale e operate ad appannaggio di enti associativi operanti nel settore dello sport dilettantistico, e non aventi in nessun caso finalità di tipo lucrativo, rappresentano una importantissima (forse l’unica) fonte di finanziamento, idonea a supportare e consentire il materiale sostentamento e la sopravvivenza di tali attività.

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Negli ultimi tempi, tuttavia, l’Amministrazione Finanziaria, nel contesto della propria attività ispettiva, ha manifestato uno spiccato interesse rispetto ad attività correlate a iniziative di pubblicità e sponsorizzazione, effettuate da sodalizi sportivi (prevalentemente delle associazioni sportive dilettantistiche, non aventi scopo di lucro) nei confronti di operatori commerciali, “sostenitori” di tali attività.

Gli organi di controllo si sono in particolare rivolti verso detto settore, per individuare e perseguire eventuali fenomeni evasivi. In tale ottica, sono state difatti operate svariate contestazioni aventi ad oggetto la non inerenza, la presunta incongruità o antieconomicità di operazioni e inerenti spese, sostenute per finanziare sodalizi sportivi in genere, sino a giungere, nelle ipotesi maggiormente problematiche, alla contestazione di frodi fiscali essenzialmente basate sul rinvenimento di fatturazioni per operazioni inesistenti.

Tali eventi e il diffuso timore di incorrere in controlli e verifiche ha pertanto condotto numerose attività imprenditoriali, da sempre impegnate a sostegno del mondo dello sport, ad allontanarsi progressivamente dal recare, in un certo senso, supporto economico a tali associazioni che, nella maggior parte dei casi, operano a livello locale (soprattutto a livello di piccole realtà cittadine), svolgendo in un certo senso anche una funzione di aggregazione sociale. Ad arginare la prassi di controlli, spesso estremizzati, avente come effetto primario la materiale disgregazione delle forme di collaborazione e sostegno, da parte del mondo imprenditoriale verso lo sport e le associazioni operanti senza finalità lucrative di sorta, non è bastato il supporto fornito da una specifica formulazione legislativa, contenuta nell’art. 9, c. 8 Legge n. 289/2002, la quale ha introdotto una presunzione assoluta tendente a qualificare le spese di pubblicità volte alla promozione di immagine e/o prodotti come elementi perfettamente inerenti, se sostenuti fino a un ammontare di Euro 200.000,00: trattasi, si ribadisce, di una “presunzione legale di inerenza assoluta”.

Tale dispositivo, sovente disatteso dagli organi di controllo, ha trovato poi fortunatamente un solido sostegno nelle posizioni espresse dalla giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, di cui in ultimo si segnala il recentissimo e conciso intervento della CTP di Reggio Emilia, con la sentenza 6.12.2017, n. 310. Pronuncia che ha sicuramente il pregio di compendiare in modo piuttosto suggestivo l’indirizzo giurisprudenziale che di fatto si è attualmente formato con riferimento alla materia.

fonte: Ratiomattino

 

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