Imu sui capannoni, la deducibilità cresce fino al 70% nel 2022

 

Incremento graduale della deducibilità dell’Imu dal 50% nel 2019 fino al 70% nel 2022, per i fabbricati strumentali. Il decreto crescita interviene nuovamente sulla disciplina dell’imposta comunale ai fini del reddito d’impresa e di lavoro autonomo, a pochi mesi dalla legge di Bilancio 2019 che ha raddoppiato, dal 20% al 40%, la quota d’imposta deducibile.

Le percentuali di deduzione sono così scaglionate: il 50% del tributo già a partire da quest’anno; il 60% negli anni 2020 e 2021; il 70% a decorrere dal 2022. Il tributo è riferito ai soli fabbricati strumentali, così come definiti nell’articolo 43 del Tuir. Per quanto riguarda le imprese, sono inclusi sia gli immobili strumentali per natura che quelli per destinazione. I primi sono costituiti dalle unità immobiliari aventi destinazione catastale diversa da quella abitativa, non utilizzati dall’impresa. I fabbricati strumentali per destinazione, invece, sono quelli utilizzati esclusivamente e direttamente per l’esercizio dell’attività commerciale, a prescindere dalla categoria catastale. Per i lavoratori autonomi, il fabbricato strumentale è solo quello utilizzato esclusivamente per l’esercizio dell’attività professionale. Pertanto, gli studi professionali utilizzati promiscuamente anche a fini personali non generano Imu deducibile. Ugualmente, non danno diritto a deduzione i “fabbricati merce” e i “fabbricati patrimonio”. I primi sono esenti da Imu, a condizione che siano stati costruiti dall’impresa, siano contabilizzati nelle rimanenze e non locati. Ne consegue che scontano l’imposta le unità acquistate, e non costruite, dall’impresa proprietaria, oltre che i beni affittati. Gli immobili patrimonio sono le unità aventi destinazione catastale abitativa non destinate a vendita.

Il criterio di deduzione dal reddito d’impresa è quello di cassa. Al riguardo, l’agenzia delle Entrate, nella circolare 10 del 2014, sembra aver affermato il principio secondo cui il limite di deducibilità guarda comunque all’esercizio di competenza, anche se il riconoscimento in diminuzione segue sempre la cassa. Così, per fare degli esempi, se l’Imu 2019, pari a 100, non viene versata integralmente nel corso di quest’anno, perché una quota di 20 viene pagata con il ravvedimento nel 2020, per l’esercizio in corso l’importo su cui commisurare la deduzione è 80. Nell’esercizio 2020, la quota residua di 20 resterà comunque deducibile al 50%, perché il nuovo limite del 60% opererà solo per l’Imu di competenza di quell’anno e non anche per la coda del 2019. Inoltre, il residuo di 20 risulterà deducibile attraverso una variazione in diminuzione nella dichiarazione dei redditi, in quanto già imputato nel conto economico di competenza. Per questa ragione, se nell’anno in corso sono corrisposti degli importi a titolo di Imu 2018, per essi la porzione deducibile dovrebbe restare sempre al 20 per cento.

Il medesimo criterio dovrebbe valere anche per il tributo versato a seguito di accertamenti comunali: il limite di deducibilità va comunque individuato sulla base del periodo d’imposta di riferimento.

fonte “ilsole24ore”25/04/2019

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.