La sorte delle rette scolastiche ai tempi del Coronavirus

L’impatto delle misure adottate dal Governo per cercare di contenere la diffusione del Coronavirus ha riversato i suoi effetti, sin da subito, sulle famiglie e sulla gestione dei figli.
Il riferimento corre inevitabilmente alle misure restrittive adottate dapprima solo in Regione Lombardia e poi estese a livello nazionale, le quali hanno comportato la sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche prestate dagli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, etc. (DPCM 08/03/2020 art.1, comma 1, lett. h)).
La diretta conseguenza a cui le famiglie hanno dovuto far fronte ha riguardato in primo luogo la gestione dei figli in tenera età ed il loro accudimento, per il quale il Governo ha altresì adottato delle misure di sostegno economico, riconoscendo bonus di accesso per le spese sostenute per baby-sitter.
Ma quanto alla retta richiesta dagli istituti scolastici (prevalentemente quelli privati) per la frequentazione delle attività offerte, ci si domanda se sia effettivamente dovuta e, dall’altro lato, se si possa sostenere la richiesta di pagamento della retta, pur in assenza di un servizio che, per disposizione normativa, non può venire temporaneamente elargito o, date le recenti considerazioni, non verrà riattivato almeno sino al prossimo anno scolastico.
In alcune realtà, inoltre, la retta per la frequentazione dell’anno scolastico in corso è stata già interamente versata e, pertanto, ci si pone il quesito sulla possibilità di ottenerne il rimborso.
Il DPCM dell’8 marzo 2020, né le successive disposizioni normative, nulla dispongono al riguardo ed il Ministro dell’istruzioni ha riflettuto, nel corso del question time del 25/03/2020, sulla sola sorte delle rette delle scuola pubbliche, specificando che non verranno versate, poiché il servizio di didattica “frontale” non viene elargito; mentre per quanto concerne le scuole private, trattandosi di competenza esclusiva dei singoli istituti, il Ministro non ha potuto rendere interpretazione sul punto del pagamento e/o rimborso delle rette scolastiche.
Unico rimando offerto dal DPCM da applicare alla questione che ci occupa (e, come prevedibile, a molteplici fattispecie debitorie che si presenteranno in futuro) è quello fornito dall’art. 91 del Decreto Cura Italia del 17/03/2020 n.18) il quale prevede che “il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c. della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Tale disposizione potrà quindi venire letta dal Giudice (ovviamente non per mero automatismo ma correlata ad altri elementi), quale fattore di attenuazione della responsabilità del debitore, con lo scopo di attenuarne o escluderne la responsabilità per non avere potuto adempiere alla propria obbligazione, in ragione dell’adozione delle misure obbligatorie di contenimento.
Ma la risposta alla domanda sul pagamento o meno e sul rimborso delle rette per le scuole private è quindi da ricercare, in primis, nel testo contrattuale, verificando l’eventuale presenza di clausole (debitamente e doppiamente sottoscritte) che comportino il pagamento delle rette anche nel caso di “forza maggiore”, ovvero di impossibilità di rendere la prestazione per ordine dell’autorità.
In secondo luogo, il richiamo doveroso andrà alle norme dettate dal Codice Civile che richiama l’impossibilità sopravvenuta della prestazione (ex art. 1256 c.c.) e l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione (artt. 1463, 1464 e 1467 c.c.) da intendersi quali istituti da poter invocare per avanzare il diritto di sospendere il pagamento della retta scolastica, a fronte della nota impossibilità da parte dell’istituto di elargire ed adempiere alla propria prestazione.
Pertanto, finchè perdura la causa che ha originato l’impossibilità di fornire o rendere la prestazione, il contratto entra in quella fase di “quiescenza” tale da far presumere che nessuna delle parti in contrattazione possa validamente pretendere dall’altra la relativa controprestazione.
Ne consegue che, all’auspicata ripresa delle attività scolastiche per l’anno in corso, il contratto riprenderà il proprio corso naturale.
E quanto ai servizi gravati dalle misure di contenimento e di sospensione delle attività, per il momento ancora solo temporanee, si potrà avanzare richiesta di riduzione della propria prestazione, verificandosi un’impossibilità parziale (ex art. 1464 c.c.); tale ipotesi si potrebbe verificare nel caso in cui la scuola offra comunque la cosiddetta didattica a distanza.
Mentre, nell’ipotesi in cui addirittura venga meno l’interesse a proseguire il contratto – nel momento in cui lo stesso potrà riprendere il suo corso – si prospetta la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto stesso (ex art. 1467 c.c.); tale diversa ipotesi si potrebbe ravvisare nel caso (prevalentemente di asili e scuole materne che non contemplano di loro la didattica a e le lezioni a distanza) in cui l’offerta parziale non soddisfi l’interesse della famiglia.
Per quanto concerne inoltre l’impossibilità definitiva di rendere e prestare la prestazione, sempre a seguito di provvedimenti imposti dagli interventi normativi di contenimento, la famiglia potrebbe avanzare la richiesta di rimborso di quelle prestazioni già anticipate, dato che tale impossibilità definitiva libererebbe anche l’istituto stesso dal dover e poter a sua volta rendere la propria prestazione.
Da rilevare l’importanza di una corretta impostazione della comunicazione con la quale si intenda eccepire la particolare esimente.

 

Avv. Alessandra Bonato

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