RISTORANTI Iva al 10% su vendite di cibi cucinati per asporto o consegna a domicilio

Aliquota al 10% per le cessioni di piatti pronti e di pasti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto. Con una norma di interpretazione autentica la legge di Bilancio 2021 porta chiarezza su come applicare l’Iva sulle cessioni di pasti, che in questa epoca di Covid, caratterizza l’attività anche dei ristoranti, impossibilitati alla somministrazione diretta, ma obbligati a svolgere la loro attività con l’asporto o la consegna a domicilio.

A dire il vero la questione è stata oggetto, negli ultimi mesi, di due precedenti interventi uno a seguito di un’interpellanza parlamentare (risposta 5-05007/2020) e l’altra a seguito di un interpello proposto all’agenzia delle Entrate (risposta 581/E/2020). In queste due risposte erano stati esaminate due situazioni molto simili a quelle prese in considerazione dalla norma di interpretazione autentica, anche se in questi documenti più che dell’aliquota Iva si discuteva della natura dell’operazione posta in essere dagli esercenti.

Come si ricorda, infatti, l’attività di somministrazione realizzata dai ristoranti nei propri locali e con l’intervento di apposito servizio ai tavoli è qualificabile quale prestazione di servizio ed è tassata al 10% in base al numero 121 della tabella A, parte III del Dpr 633/72.Al contrario, come ha avuto modo di chiarire l’agenzia delle Entrate (risposta a interpello 581/2020), richiamando la Corte di giustizia (cause riunite C 497/09, C-499/09, C501/09 e C502/09 del 10 marzo 2011), l’attività che fa lo stesso ristoratore nel momento in cui consegna direttamente ai clienti i pasti cotti ovvero le bevande ovvero li recapita a domicilio tramite un servizio di mero trasporto l’operazione è da qualificarsi quale cessione di beni e, in quanto tale, la stessa dovrà seguire l’aliquota Iva propria dei beni ceduti, iva al 22% .

In questo stesso contesto l’interpellanza parlamentare, tenendo conto della situazione creata da Covid-19, per il quale i ristoranti sono obbligati dalle ore 18 in poi ad effettuare la consegna dei pasti ai clienti senza poterli servire nei propri locali, sosteneva la possibilità di applicare l’aliquota Iva ridotta del 10% in forza del punto 12 bis (somministrazione di alimenti e bevande) ovvero del punto 1 (cessione di preparati alimentari) dell’allegato III della direttiva Iva (2006/112/Ce).

A seguito di queste due posizioni, a dire il vero non proprio coordinate, interviene ora la legge di Bilancio che in modo salomonico risolve ogni potenziale conflitto tra le precedenti pronunce. Infatti, da una parte, ribadisce che l’attività di asporto non modifica la natura di cessione della consegna dei pasti senza servizio al cliente, dall’altra, specifica che l’aliquota del 10% prevista dal numero 80 della tabella A, parte III, del Dpr 633/72 si applica anche alle cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto.

 

ilsole24ore 30/12/2020

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